
Nella foto: l'Incubatoio di Clusane d'Iseo
Sempre più spesso gli appassionati di pesca si trovano a parlare o a leggere di incubatoi, coregoni e trote fario. Vorrei perciò trasmettervi la mia idea sul tema. Vivo la pesca quotidianamente, essa è insita nel mio dna poiché la mia famiglia da oltre tre generazioni vive grazie al rapporto profondo che ha instaurato con essa. Per la pesca stessa mi sono messo in gioco nell’amministrazione del comune di Iseo, prestando le mie conoscenze e condividendo idee con gli esperti del tema (ittiologi, ingegneri ambientali).
Abbiamo imbastito numerosissimi progetti grazie anche alla presenza delle Riserva Naturale delle Torbiere, che non si è arroccata su idee conservazioniste, ma si è messa in gioco cercando di rinnovare attraverso numerose attività il suo strettissimo rapporto con il lago. Si è potuto, grazie alla sensibilità dimostrata verso il tema della conservazione degli habitat da parte degli enti regionali e da chi li presiede, finanziare progetti come la sistemazione dei letti di frega delle aole e delle sardine, il posizionamento di fascine in punti strategici per la riproduzione, tentare di rigenerare il canneto tramite la riossigenazione e lo sfalcio, procedere al contenimento selettivo delle specie invasive alloctone come siluro, tartarughe, carassi e gamberi della Louisiana.
Tutto questo lavoro però è andato di pari passo con la mia sempre più crescente convinzione che l’incubatoio è di vitale importanza. Al tempo stesso, per l’economia del lago, è di vitale importanza la presenza del Coregone. Con il termine “economia” non intendo il solo lato pecuniario, ma di equilibrio. Se certamente la pesca professionale e dilettante hanno un’influenza importante nella presenza di una specie nelle acque, avete idea di come sarebbe impattante spostare le mire di decine di pescatori su specie in difficoltà? Proibire la pesca per far sì che l’habitat possa tornare ad avere un proprio equilibrio? La mia risposta è no, non è la soluzione. La pesca come attività umana esiste da migliaia di anni, ciò che ci differenzia dalle altre epoche è una sempre più aumentata presenza umana che tocca cifre vertiginose nei nostri laghi lombardi.
Certamente è più semplice incolpare qualche pescatore che rendersi conto del fatto che il modo in cui stiamo vivendo i nostri laghi non è sostenibile. Abbiamo massacrato le loro sponde costruendo strade (dove pensate che finisca la gomma dei pneumatici dopo un bel temporale estivo?) ed edificando case in ogni appezzamento di terra (dove finiscono tutti i detersivi che usiamo nelle nostre cucine?), abbiamo lasciato scavare i fondali dei nostri porti solo per fare spazio a motoscafi sempre più grossi (dove è finito tutto il novellame di pesce che trovava nel riparo delle acque calme e basse un luogo sicuro per crescere?), non siamo in grado di porre un freno alla potenza dei motori di suddette barche (che impatto ha un 100 cavalli o un traghetto da svariate tonnellate?), stiamo permettendo a coltivazioni in monocoltura (meleti, ulivi e vite) di usare pesticidi a quantità, ci siamo rassegnati all’idea che orde di turisti possano vivere questi luoghi (permettetemi di definirli sacri), come se fossero parchi giochi.
Incubatoio, Coregone e Trota fario, sono il tentativo ad ora meglio riuscito di dare attimi di sollievo alle specie autoctone delle nostre acque, permettendo ai sognatori che ancora amano la pesca in quanto attività ancestrale di vivere e sentirsi parte di un mondo lacuale che sta svanendo sotto ai nostri occhi.
Raffaele Barbieri